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Stop alle bici legate a pali e lampioni: multe per i trasgressori

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La sentenza 7353 del Consiglio di Stato, depositata il 17 settembre 2025, ha messo la parola fine a una pratica diffusa nelle città italiane: legare biciclette (e motocicli) a pali della luce, segnaletica verticale, ringhiere, panchine o qualsiasi altro elemento di arredo urbano non espressamente destinato alla sosta.
I giudici di Palazzo Spada hanno confermato la legittimità dei regolamenti comunali che vietano tale comportamento, aprendo la strada a sanzioni amministrative per i trasgressori. Non si tratta di una crociata contro i ciclisti, ma di una difesa del decoro e della funzionalità degli spazi pubblici.
Il caso che ha acceso i riflettori
Tutto è partito da un ricorso presentato da un cittadino di Roma contro una multa comminatagli per aver assicurato la propria bicicletta a un palo della luce in via del Corso. Il vigile urbano aveva elevato la sanzione in base all’articolo 20 del Codice della Strada e al regolamento comunale di polizia urbana, che vieta di “ancorare veicoli a elementi non destinati alla sosta”.
Il ricorrente aveva contestato la norma, sostenendo che in assenza di rastrelliere dedicate i pali rappresentassero l’unica alternativa praticabile. Il TAR del Lazio aveva dato ragione al Comune; il Consiglio di Stato ha ora confermato la decisione in appello, motivando che la potestità regolamentare locale prevale sull’esigenza individuale quando è in gioco l’interesse collettivo.
I giudici hanno articolato la pronuncia su tre assi portanti:
Decoro urbano Pali, ringhiere e panchine non sono supporti neutri: un proliferare di catene e lucchetti ne altera l’estetica e può favorire il degrado.
Sicurezza Le biciclette legate a segnali stradali o semafori possono oscurare la visibilità o intralciare i mezzi di soccorso. Un lucchetto arrugginito su un palo della luce può inoltre creare pericoli per i non vedenti.
Fruibilità degli spazi Le panchine occupate da ruote diventano inutilizzabili; le ringhiere trasformate in parcheggio ostacolano il passaggio pedonale, soprattutto per carrozzine e passeggini.
La sentenza cita precedenti analoghi: già nel 2018 il Consiglio di Stato aveva avallato il divieto di legare scooter a cancellate di edifici storici; nel 2022 aveva confermato sanzioni per biciclette incatenate a transenne di cantiere. Le associazioni ciclistiche non ci stanno. “Senza rastrelliere sufficienti, dove dovremmo lasciare le bici?” si chiede FIAB (Federazione Italiana Ambiente e Bicicletta).
A Milano, dove il bike-sharing ha raggiunto quota 1,2 milioni di noleggi mensili, il 68% delle stazioni risulta saturo nelle ore di punta. I Comuni, dal canto loro, esultano: “Finalmente uno strumento giuridico chiaro per far rispettare le regole”, commenta l’assessora alla Mobilità di Firenze.

Multe: quanto costerà trasgredire?
Le sanzioni variano da Comune a Comune, ma oscillano tra i 41 e i 173 euro per le biciclette (art. 20 CdS) e possono arrivare a 87-344 euro per i motocicli. In caso di recidiva è prevista la rimozione forzata con carro attrezzi e spese di custodia a carico del proprietario. Alcuni regolamenti prevedono il taglio immediato della catena con flex da parte dei vigili, senza preavviso.

Soluzioni alternative
La sentenza non lascia i ciclisti senza alternative. Ecco le principali:
Rastrelliere comunali Obbligo per i Comuni sopra i 30.000 abitanti di installarne una ogni 200 metri nei centri storici (DL 34/2019).
Parcheggi custoditi Stazioni metro e ferrovie devono prevedere almeno 20 posti bici videosorvegliati.
Soluzioni private Condomini e uffici possono installare archetti nei cortili con sgravi fiscali del 50%.

Più controlli o più infrastrutture?
Entro il 2026 il PNRR stanzia 200 milioni per nuove rastrelliere e velostazioni. Intanto i Comuni annunciano tolleranza zero: a Torino partiranno pattuglie dedicate; a Bologna vigili in borghese fotograferanno le infrazioni. I ciclisti chiedono un periodo transitorio di 12 mesi per adeguare le infrastrutture prima di far piovere multe.
Legare la bici al lampione non è più un gesto innocuo: è una violazione sanzionabile. La sentenza del Consiglio di Stato non demonizza le due ruote, ma chiede ai ciclisti responsabilità e ai Comuni investimenti.
Solo un patto serio e duraturo tra infrastrutture e rispetto delle regole renderà le città davvero bike-friendly.