Progetto “GOAL HUMANITY: Human Rights through artistic creativity”
L’incontro con le pietre d’inciampo – memoria e dialogo sulla discriminazione e sulla Shoah con studenti stranieri adulti del CPIA 1 di Asti.

La classe II D del CPIA di Asti è stata coinvolta durante l’anno scolastico appena concluso nel progetto “GOAL HUMANITY: Human Rights through artistic creativity” condiviso con l’Istituto Fauser di Novara e la Scuola superiore di I grado di Caluso finanziato da TOLI – The Olga Lengyel Institute for Holocaust Studies and Human Rights.
Le attività sono state in parte comuni ai tre Istituti e in parte dedicate ad ognuno di essi.
La classe del CPIA ha discusso e riflettuto sulle parole chiave relative ai diritti umani e sugli articoli della Dichiarazione dei diritti dell’uomo del 1949 e successivamente ha colto nei luoghi di vita quotidiana i segni (graffiti, volantini, manifesti, persone…) i segni delle negazioni, violazioni e affermazioni dei diritti fotografandone l’attimo. Le fotografie sono poi state commentate e collegate agli articoli della Dichiarazione del 1949 ed esposte nell’atrio della scuola nei giorni conclusivi dell’anno.
Una attività del progetto è stata la passeggiata svolta il 4 giugno in città alla scoperta delle pietre di inciampo, che ha costituito un’occasione per un dialogo sulla memoria, sulla discriminazione e sulla Shoah con il gruppo di studenti stranieri adulti che hanno potuto implementare conoscenze sul periodo storico relativo agli anni delle dittature nazi fasciste e comprendere come il processo razzista abbia portato gradualmente al disegno genocidario della Shoah. L’attività è consistita in un percorso guidato nel centro storico della città alla scoperta delle “Pietre d’Inciampo” (in lingua originale Stolpersteine), il monumento diffuso creato dall’artista tedesco Gunter Demnig per ricordare le singole vittime della deportazione nazista e fascista con obiettivo primario dell’autore doppio, fare conoscere un capitolo tragico della storia italiana ed europea, la Shoah e utilizzare le memorie individuali come partenza per una riflessione profonda sui temi della discriminazione, del pregiudizio e dei diritti umani, che risultano essere particolarmente rilevanti per la classe del CPIA, in quanto è composta da studenti e studentesse provenienti da contesti culturali-geografici diversi.
L’esperienza ha consentito la costruzione di un dialogo interculturale consapevole e maturo, guidato dal prof. Francesco Scalfari, dalla prof.ssa Anna Granata e dalla dott.ssa Paola Malandrone.
Foto durante il percorso davanti ad una pietra di inciampo in via Monsignor Rossi ad Asti, con un gruppo di studenti, il prof. Scalfari e Paola Malandrone
L’attività è servita per ricordare le singole vittime della deportazione nazista e fascista utilizzando le memorie individuali come partenza per una riflessione profonda sui temi della discriminazione, del pregiudizio e dei diritti umani, che risultano essere particolarmente rilevanti per la classe del CPIA, in quanto è composta da studenti e studentesse provenienti da contesti culturali-geografici diversi.
Il percorso si è snodato attraverso le vie della città, soffermandosi davanti alle pietre di inciampo posate ad Asti per la prima volta il 27 gennaio 2025, nei luoghi abitati dove furono catturate le persone di religione ebraica per essere poi deportate. Ogni pietra è stata un momento di impatto emotivo e didattico, e l’esperienza di scoperta delle pietre ha messo in luce alcune evidenze:
la scoperta fisica della memoria, che ha reso la storia tangibile e presente e ha trasformato un evento storico distante in una realtà locale e vicina
leggere ad alta voce nomi, date di nascita, di arresto e di morte ha permesso di passare dalla dimensione astratta delle vittime a quella concreta di una singola vita, della sua famiglia, del suo quotidiano e del suo scomparire. Si è parlato di ricamatrici, professoresse, bambini, piccoli commercianti, persone comuni la cui esistenza è stata interrotta dalla violenza della discriminazione e della persecuzione, con un coinvolgimento empatico e la comprensione umana dell’accaduto
ogni pietra è stata utile per contestualizzare gli eventi storici – spiegare le leggi razziali in Italia (1938), i tratti essenziali delle dittature nazista e fascista, come la discriminazione si trasformò gradualmente in persecuzione e sterminio
si è fatta una riflessione sul significato di quel monumento che diventa un oggetto su cui si sceglie di “inciampare” per non dimenticare.
La conversazione durante il percorso si è concentrata su alcuni nuclei tematici:
partendo dalla discriminazione contro i cittadini di religione ebraica si è arrivati alle attuali discriminazioni in quanto il background di molti studenti porta con sé storie contemporanee di pregiudizi addosso. Gli studenti hanno portato esempi dai loro paesi d’origine, creando un ponte tra la storia della Shoah e le loro esperienze dirette o indirette di pregiudizio
esplicitazione delle fasi che caratterizzano l’espressione dell’odio, cioè come si è arrivati e si potrebbe arrivare anche oggi a pensare e a compiere un genocidio. Si è discusso della “piramide dell’odio”: da pregiudizi e parole (stereotipi, battute offensive) ad atti di discriminazione (esclusione sociale e lavorativa), ad atti violenti fino allo sterminio
discussione sull’importanza delle costituzioni moderne e della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani del 1948 quali strumenti fondamentali per proteggere e garantire l’uguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge.
L’esperienza ha incoraggiato a condividere alcune riflessioni personali:
comprensione che il passato è uno strumento per diventare cittadini consapevoli e responsabili oggi; in quest’ottica a memoria della Shoah serve come insegnamento universale contro ogni forma attuale di totalitarismo e di odio che bisogna contrastare con forza
il mettersi nei panni dell’altro, anche per poco, è un esercizio fondamentale in quanto le storie individuali hanno attivato un processo empatico profondo
il riconoscimento dei meccanismi del pregiudizio e della ricerca di un nemico non sono solo di un periodo storico o di un’area geografica ma sono dinamiche umane costanti da riconoscere e contrastare all’interno delle comunità nelle quali si vive
l’evidenza che il linguaggio può diventare un’arma, in quanto le parole d’odio, gli stereotipi e la propaganda sono sempre preparatori della violenza fisica.