25 aprile, la Festa della Liberazione vista dalle Donne

La Festa della Liberazione del 25 aprile in Italia commemora la fine della Seconda guerra mondiale e della dittatura fascista, e celebra la libertà e la democrazia. È un’occasione per riflettere sull’importanza dei diritti umani, tra cui quelli delle donne: in questo senso, la festa diventa un’opportunità per promuovere l’uguaglianza di genere e la lotta contro la discriminazione delle donne, oltre a sottolineare l’importanza della partecipazione delle donne nella vita politica, sociale ed economica del paese. Il ruolo delle donne nel movimento di liberazione nazionale è stato a lungo etichettato come contributo, un termine che in realtà non rende giustizia all’impegno femminile nella Resistenza, ramificato in tutti gli ambiti della lotta, dallo scontro armato all’approvvigionamento, dall’assistenza sanitaria al trasporto di informazioni, armi e munizioni, fino all’organizzazione di scioperi e manifestazioni contro il carovita e il mercato nero. Durante i due conflitti mondiali del ‘900, le esigenze relative alla produzione bellica e la necessità di masse di uomini da inviare al fronte aprono le porte delle fabbriche e delle attività tradizionalmente destinate agli uomini a schiere di donne. Donne che guidano i tram cittadini, si occupano della pulizia delle strade e della consegna della posta: gli uomini sono al fronte in guerra, ma loro dimostrano di saper prendere il loro posto. Con la Resistenza si intende scacciare l’occupante nazista e sconfiggere per sempre ciò che resta del fascismo. Per le donne volontarie si tratta di trasmettere ordini per le formazioni partigiane, di combattere, di soccorrere i feriti, di assistere i familiari dei caduti e di dare un importante contributo organizzativo e politico alla conduzione della guerra. Le donne non si tirarono indietro e dimostrano il loro valore: lo testimonia il glorioso albo delle medaglie al valore assegnate alle eroine della Resistenza. Con la fine della guerra viene chiesto loro di “tornare al focolare” per occuparsi di casa e famiglia ma il processo di emancipazione non può tornare indietro. La coscienza acquisita proietta le donne verso nuovi ruoli all’interno della società e, quindi, non più gerarchie preconcette di compiti, di ruoli, di capacità, per approdare finalmente all’obiettivo della parità tra uomo e donna, sia sui diritti e sia salariale. Nonostante il livello di emancipazione femminile sia notevolmente cresciuto negli ultimi quarant’anni, il quadro che emerge dal nostro Paese continua ad essere quello di disuguaglianze a vari livelli che registrano per le donne minore accesso alle figure apicali, carriere discontinue, segregazione professionale e stipendi più bassi.

Valentina Ferrero